9. Il trasferimento intergenerazionale della ricchezza

Il modulo si propone di affrontare le criticità emergenti dalla disciplina delle successioni mortis causa nella realtà moderna. Il nostro diritto successorio non permette di differenziare la disciplina in base alla destinazione dei beni ovvero alle qualità soggettive dei beneficiari. Quando la successione ha ad oggetto l’azienda o partecipazioni sociali, le criticità diventano stridenti, dal momento che l’ordinamento non appronta strumenti per il controllo delle sopravvenienze intervenute tra il confezionamento del testamento e l’apertura della successione. Nemmeno si trascuri che il titolare del bene produttivo potrebbe non avere familiari maturi, dotati delle attitudini necessarie per portare avanti l’impresa. Sí che appare spesso opportuno non procedere ad una attribuzione diretta dell’azienda, ma ricorrere ad una figura intermedia che la gestisca nelle more della formazione dei discendenti, e la assegni a colui che si dimostri in concreto come la persona piú capace. Queste esigenze sono solo parzialmente soddisfatte dagli istituti del legato di azienda o della divisione testamentaria. L’instaurazione della comunione ereditaria tra una pluralità di familiari, ove il de cuius sia deceduto intestato oppure non abbia disposto dell’azienda, è altro problema del passaggio intergenerazionale, acuito dalla situazione di impasse che rischia di determinarsi in attesa dell’individuazione dei delati e delle conseguenti accettazioni dell’eredità. L’affacciarsi di creditori, pronti ad esperire azioni esecutive, espone l’azienda alla paralisi o, nella peggiore delle ipotesi, al fallimento. Trattasi, peraltro, di problemi che non sono stati risolti dall’introduzione del patto di famiglia. Le criticità descritte hanno esasperato il ricorso a strumenti alternativi di trasmissione della ricchezza, che il modulo del dottorato si propone di esaminare, senza trascurare la prospettiva comparatistica e internazional-privatistica.